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Durante il periodo delle feste natalizie siamo tutti più buoni e felici, ma è proprio così? Accade spesso che in questo periodo dell’anno ci possiamo sentire colti da sentimenti contrastanti, quali tristezza e malinconia e ci giudichiamo fuori luogo, inadatti. Ma il doversi divertire per forza, il clima natalizio possono anche essere vissuti con tristezza, senza necessariamente considerarla come sbagliata o fuori luogo. Accade poi che insieme alla tristezza si manifestino anche sintomi psicofisici, quali? Eccone alcuni: ansia, irritabilità, sensi di colpa, incapacità di divertirsi e di condividere la gioia con gli altri, sofferenza per la mancanza di coloro che non ci sono più, senso di vuoto, fastidio in occasione delle cene obbligate, svogliatezza e pessimismo.

Ma cosa causa questi sentimenti? Beh, le spiegazioni possono essere molteplici.

  1. A chi non è mai capitato di sentire qualcuno che si sia lamentato di alcuni “obblighi” socialmente pressanti (visto che il Natale è la festa della famiglia) come il dover trascorrere obbligatoriamente le feste con parenti che, al contrario, ci provocano disagio o fastidio?

  2. Anche rallentare il ritmo della routine di tutti i giorni fa affiorare, con maggiore facilità, ricordi ed emozioni legati soprattutto ad affetti che non ci sono più, che in qualche modo fanno perdere ai rituali natalizi il loro sapore;

  3. Il trovarsi distanti fisicamente e impossibilitati a raggiungere la nostra famiglia può sottolineare ancora di più il nostro senso di vuoto.

  4. Per non parlare poi del fatto che dicembre è da sempre associato al mese dei bilanci e questo può provocare tristezza e delusione per quello che non abbiamo realizzato, ma che avevamo pianificato, ma anche ansie e preoccupazioni per l’anno nuovo.

  5. Anche la corsa allo shopping sfrenato, al regalo perfetto (in tutti i suoi aspetti: economici e di gusto), il dover per forza acquistare oggetti anche per persone a cui faremmo volentieri a meno perfino di scambiarci gli auguri.

A tutto questo dobbiamo poi aggiungere una componente non indifferente, ovvero le nostre azioni e i nostri atteggiamenti, più o meno volontari, che hanno il potere di alimentare il disagio durante le feste. Quando pensiamo di essere gli unici a vivere queste emozioni, quando rimuginiamo sui fallimenti o sui mancati obiettivi raggiunti durante l’anno trascorso, quando pensiamo che la tristezza sia un’emozione impossibile da affrontare, un tabù: nei giorni di festa è vietato piangere, intristirsi rovinando il clima a tutta la famiglia!

Come se ne esce? La risposta è che non se ne esce, semplicemente si impara. Si impara che ci sono situazioni che non ci devono piacere per forza (e che si può dire no!), senza che succeda una catastrofe. Le cene obbligate diventeranno solamente un ricordo spiacevole di tempi passati. Si impara ad ascoltare se stessi, a lasciare che la tristezza trovi il suo spazio, perché non è certo ricacciandola che trascorreremo le nostre feste felici e spensierati. Le emozioni non sono sbagliate o giuste di per sé: qualsiasi emozione ha il diritto di esistere, poiché non sono direttamente determinate dalla situazione, bensì da come noi ci poniamo nella situazione. Si impara anche il valore della condivisione: se scegliamo di parlare dei nostri sentimenti, soprattutto di quelli un po’ più scomodi, con persone care, potremmo renderci conto che non siamo così soli come crediamo, creiamo empatia e magari ne trarremo anche sollievo. Si impara, anche stando lontani dalle persone care, che la tristezza è un’opportunità, una risorsa da non buttare, una parte di noi che c’è e che ha diritto ad esserci: una volta creato lo spazio alla tristezza sarà più facile riconoscerla e imparare a conviverci anche negli altri periodi dell’anno, quando la nostalgia di casa ci assalirà di nuovo. Si impara a pianificare realisticamente gli obiettivi, valutando con razionalità le proprie risorse, i propri punti di forza e di debolezza, e da questi partire poi per pianificare aspettative in linea con le nostre abilità. Questo ci permette anche di soffermarci su quello che di buono abbiamo raggiunto durante l’anno appena trascorso, è un processo di ricalibratura che ci avvicina maggiormente a ciò che realisticamente siamo e ciò che, ancora più realisticamente, potremmo raggiungere. Si impare a dare valore alle cose e ai gesti, magari parlando francamente (in fondo cosa c’è di sbagliato nel guardarsi negli occhi e dire: “Magari quest’anno ci facciamo solo gli auguri, eh?”). Che la corsa all’ultimo regalo non soddisfa nessuno, in primis noi stessi, che dobbiamo sacrificare tempo e denaro per coloro che non fanno altrettanto con noi.

Tutto questo richiede uno sforzo che va al di là della forza fisica, ci vuole impegno, volontà, determinazione e passare attraverso quella “cruna della vergogna”che ci frena e ci rende tutti un po’ meno liberi di vivere le feste come vorremmo. Per fare questo ci sono persone che ci riescono in autonomia, altre, invece, hanno bisogno di una guida, di imparare a capire quello che sentono e che vogliono, imparare a scegliere cosa è meglio per sè, ed è per questo che si rivolgono a noi. Sicuramente è un passo appagante e magari un regalo sotto l’albero da scartare, perchè tutti si meritano di stare bene con se stessi.



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